Server ed elaboratori hanno bisogno di essere refrigerati. Ma se non modifichiamo la loro gestione in futuro le risorse idriche verranno intaccate
Due litri. Sono i litri di acqua dolce che vengono consumati per far partire ChatGPT appena scaricato sullo smartphone. Una quantità di liquidi a pari quella che si dovrebbe bere per stare bene ogni giorno.
Ma dove sta la correlazione tra l’acqua e l’AI? Il collegamento è legato alla necessità di raffreddare i server con energia e quindi anche con lo sfruttamento delle nostre risorse idriche. Stesso discorso vale per l’attrezzatura hardware accessoria, che ancora esiste, non essendo stata assolutamente ‘cloudizzata’ nonostante i progressi tecnologici.
Tutto questo porta a comprendere perfettamente che più si andrà avanti con l’evoluzione della tecnologia informatica e in particolar modo con l’intelligenza artificiale e più sarà necessario operare una attenta gestione dell’acqua dolce. Oltre agli altri problemi di efficientamento energetico che si dovranno affrontare. Esiste a livello internazionale e in particolar modo in Italia una sensibilità adeguata a questa nuova policy?
Se ancora non c’è è il caso che ci si pensi presto. Se qualcuno mette ancora in discussione il cambiamento climatico, causa anche della siccità, rimane difficile che poi si riesca a mettere in discussione l’effetto che percepiamo, ovvero le ondate di calore e il prosciugarsi dei bacini di acqua, che servono appunto al meccanismo di trasformazione delle centrali elettriche e al raffreddamento dei data center.
In sostanza, il nostro futuro, le nostre innovazioni tecnologiche, la possibilità che si abbia una serie incredibile di progressi e miglioramenti grazie all’incredibile curva algoritmica di accelerazione di sviluppo che stiamo vivendo, dipendono dalla capacità di mettere in atto un controllo sulle modalità di consumo e di recupero dell’acqua.
L’Italia, come risulta dalle rilevazioni dell’Istat relative al 2022, è il primo consumatore di acqua tra gli stati aderenti all’Unione europea. 9 milioni di metri cubi, qualcosa che si può tradurre come 200 litri di acqua per cittadino italiano. A tutto ciò bisogna aggiungere che nel sistema di distribuzione nazionale si registra una perdita pari al 42%. Se solo si riuscisse a fare un lavoro di manutenzione e riparazione nelle tubazioni che portano l’acqua dovunque nel nostro territorio si riuscirebbe a recuperare una importante quantità di acqua.
Allo stesso modo se si decidesse di investire di più, realizzando un numero adeguato di impianti di desalinizzazione e recuperando le acque meteoriche, si potrebbe avere la possibilità di praticare una gestione della risorsa in linea con la richiesta della stessa nei prossimi 25 anni.
Ovviamente tutto questo se si inquadra la situazione in una dinamica prettamente nazionale. Se si vuole ragionare in una visione globale le cose si complicano. Ma questa è una altra storia…
Angelo Pugliese