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A RISCHIO L’ADDIO AI COMBUSTIBILI FOSSILI?

A RISCHIO L’ADDIO AI COMBUSTIBILI FOSSILI?

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È scontato che l’impegno preso all’unanimità alla Cop28 verrà rimesso in discussione alla prossima Cop29

Bonn – 21 settembre 2024 _ Il sultano Ahmed Al-Jaber a conclusione della Cop28, evento da lui presieduto nel 2023, ha fatto un annuncio che non ha esitato a definire storico: il testo finale, approvato all’unanimità, ha incluso una menzione sull’allontanamento dall’utilizzo dei combustibili fossili.

Finalmente una parola chiara sullo stop alle fonti energetiche non rinnovabili? Così sembra o, in verità, così si è voluto far credere. La verità è che sono stati utilizzati termini ambigui per mantenere la questione sul terreno delle trattative. Invece di stabilire inequivocabilmente uno stop alle fonti inquinanti, il testo originale usa l’espressione “transitioning away from fossil fuels” che, tradotta, indica un ‘allontanamento’ che non è certo un abbandono.

Al riguardo i piccoli stati isolani del Pacifico, che più temono i mutamenti causati dal cambiamento climatico, hanno duramente criticato il documento finale per le troppe scappatoie offerte ai produttori.

La decisione epocale tanto sbandierata appare solo l’ennesimo compromesso, anzi una forzatura da parte del paese ospitante e del presidente, che ricopre anche la carica di ministro dell’Industria e delle tecnologie degli Emirati Arabi Uniti.  Il fatto che allo stesso tempo sia finanche amministratore delegato e direttore generale del gruppo Abu Dhabi National Oil Company fa sospettare che in realtà il sultano sia stato portavoce degli interessi dell’industria petrolifera.

D’altra parte le stesse parole di Al-Jaber sono espressione di una visione di parte: “In conclusione – ha detto il sultano – la transition away è solo una transizione ordinata, giusta ed equa anche per i paesi produttori”. E anche prima dell’inizio dei lavori il presidente della Cop28 lo aveva detto apertamente “La fine completa della nostra dipendenza dagli idrocarburi riporterebbe il mondo indietro ai tempi delle caverne”.

Il conflitto di interessi tra chi ha diretto i lavori della conferenza e allo stesso tempo ha presieduto una compagnia petrolifera statale ad aumentare la produzione di petrolio è lampante. E le interferenze non terminano qui perché alcune parti hanno dichiarato che gli Emirati abbiano influenzato la scelta del prossimo organizzatore della Conferenza sul clima del 2024. E difatti la scelta della sede della Cop29 è caduta sull’Azerbaigian, paese che fonda la propria ricchezza su gas e petrolio. Il paese azero, come si può ben intuire, non vedrebbe di buon occhio una limitazione della produzione, che avrebbe effetti deleteri sulla sua crescita economica, riducendo fortemente le vendite di petrolio e gas.

Lo scontro si è già acceso: i negoziatori dei paesi occidentali hanno lamentato che grandi paesi produttori di petrolio, in prima fila Arabia Saudita, Russia e Bolivia, stanno di fatto ostacolando i colloqui su un possibile accordo per restringere l’uso dei combustibili fossili. L’ostruzionismo dei produttori di idrocarburi sta neutralizzando le iniziative antiinquinamento e di fatto la Cop29 potrebbe diventare una inutile formalità. A questo punto si compirebbe l’azione di contrasto alla lotta al cambiamento climatico, che corrodendo dall’interno gli obiettivi della conferenza la avrebbe resa solo un’occasione mondana, una specie di grande festa pagata dalle Nazioni Unite, ma controllata dai paesi produttori di petrolio.

Il prossimo 11 novembre a Baku, capitale dell’Azerbagian, si aprirà la Cop29 e le premesse non sono rassicuranti per i fautori dell’uscita dal fossile. Per la seconda volta consecutiva l’appuntamento mondiale della diplomazia climatica globale si terrà in un paese produttore di idrocarburie la direzione della Conferenza sarà di nuovo nelle mani di personalità che hanno sempre manifestato spiccata sintonia con l’industria petrolifera.

Certamente, l’Azerbaigian ha accolto con piacere l’orientamento sul gas da parte della diplomazia climatica mondiale che ha di fatto sdoganato come fonte non sgradita; la ricerca di forniture alternative al gas russo hanno reso il gas azero uno strumento diplomatico di valore indiscusso. Non a caso la Commissione europea ne ha apprezzato il contributo, elevando lo status dell’Azerbaigian a partner affidabile.

E l’obiettivo di Baku è quello di raddoppiare entro il 2027 le forniture all’Europa, sostituendo progressivamente il gas russo, politicamente sgradito, con quello azero. Attraverso la definizione di transitional fuel, il gas naturale avrà un ruolo di facilitatore della decarbonizzazione, ovvero di compensazione alla tipica variabilità nella produzione da rinnovabili.

Per il gas l’accordo è prevedibile, considerando scontato l’impegno della presidenza azera su questo argomento. Molta pressione si registrerà anche sull’energia atomica, che si vuole accreditare come nuova energia pulita e carbon free.

Resta aperta la questione dei combustibili fossili. Sarà abbandono, uscita progressiva, allontanamento? Comunque proseguiranno le strategie che vogliono lasciare l’argomento sullo sfondo e, possibilmente, depotenziarlo ulteriormente.

Franco Tallarita

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